Intersezionale alla Sacra di San Michele
Ad essere sincero non ricordo più neanche perchè ci andammo a scalare lì. Nè chi avesse tirato fuori quella via per primo fra noi. Nei giorni bui della quarantena del 2020, quando il virus si diffondeva nel mondo e non ci era permesso uscire in alcun modo, passavamo le giornate a sognare vie, pareti, allenandoci come pazzi al trave e leggendo relazioni di vie che avremmo fatto chi sa quando.
In particolare continuavamo a parlare dell’Intersezionale alla Sacra di San Michele, “un lungo et ardito tracciato lungo gli speroni della Val Susa” che sbucava nei pressi dell’omonimo monastero, in cima al Monte Pirchiriano.
Non ricordo perchè scegliemmo di andare proprio lì. Credo che dopo mesi che non mettevamo mano sulle rocce, i primi giorni d’estate col caldo e tanta voglia di arrampicare volessimo fare un abbuffata che ci facesse venire la voglia di cambiare sport.
Ricordo molto bene però che volevamo una via facile, con poco avvicinamento, tanto per cambiare. 24 tiri plaisir.
“Il 7a lo fai tu” esordisce Michi, a cui evidentemente tutto l’allenamento di mesi di lockdown al trave non aveva sortito l’effetto voluto.

E io ero anche carico, ma il 7a poi non lo trovammo: a dispetto di altre volte ci eravamo muniti di relazione, non so se per eccessivo zelo o per aiuto da parte di qualche santo lassù (quasi sicuramente S. Michele che vegliava su di noi dall’alto della Sacra). E mai fu più utile.
Scalavamo con tutta calma sotto il caldo sole di Luglio: i primi tiri via veloci, poi qualche dubbio cominciava ad insinuarsi dentro di noi perchè i gradi proprio non tornavano. La via è comunque molto lunga e piuttosto discontinua: una serie di balze intervallate da diversi speroni di roccia, a tratti sporchi di muschio, ma su roccia comunque ottima. Gli apritori han dato tutta una serie di nomi curiosi alle radure che si incontrano fra un tiro e l’altro: Terrazza del Pungitopo, Viale del Tramonto, Bosco degli Gnomi e così via.

Ed è proprio quando raggiungiamo la Cengia degli Animali Vaganti che ci rendiamo conto che qualcosa non va: o qualcuno ha segato via sei o sette tiri della via, o noi — non si sa bene come — siamo partiti sei tiri più in alto.
Presi da ulteriore entusiamo ce la prendiamo ancora più comoda del previsto, dovendo scalare sei tiri in meno (fra cui quello effettivamente più duro).

Mi ricordo che faceva caldo: inizialmente non ci avevamo fatto troppo caso, nonostante la via corra tutta sulla parete nord del Monte Pirchiriano deve esserci sicuramente qualche problema di esposizione perchè tranne i vari tratti di collegamento nei boschetti si prendeva sole praticamente tutto il giorno.
Michele si arena su un passaggio che alla fine si rivelerà essere solo di testa. Ci prova un po’ di volte, ma la testa non fa clic. Lo spingo un po’, sta li a provare , sale, scende, poi si cala.
“Quando c’è qualcuno di più forte tendo a rilassarmi, perchè so che in qualche modo mi tirerà fuori”. mi dirà poi in sosta.
Si arrabbia un po’, soprattutto con stesso. Non c’è competizione fra noi, non oggi almeno. Oggi quello più in forma sono io e gli do il cambio. Un singolo, solo di testa.
Mi ricordo il sole al tramonto su quella parete. Mi ricordo molto bene la nostra stanchezza. Michele era stravolto. Di solito non smette un attimo di fare battute, pungolare, sorridere: non aveva più neanche la forza di arrotolarsi le sigarette che solitamente sfumacchia in sosta.
Quando mancano 4 tiri capisco che anche le mie energie stanno finendo (l’acqua invece è finita da un pezzo): il cavo della ferrata che porta facilmente in vetta corre affianco agli ultimi tiri, invitante. “Acchiappami”, sembra dirmi. Lo guardo solo per un momento: poi comincio a scalare come se avessi dimenticato il gas acceso a casa: concateniamo i tiri proteggendo poco e niente, siamo fuori un attimo prima che le nostre ombre svaniscano del tutto.
Non ricordo che ora era quando sbucammo in vetta, ma ricordo bene tutte le birrette bevute al baretto della Sacra, ormai al buio.
E forse c’è da ritornare, magari bivaccando, magari soli. Anche se per una volta mai compagnia fu così desiderata.